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LA VOCAZIONE DEI CANTORI DEL FUSO INCONTRA LA CITTA’

Molte donne avevano un repertorio sterminato di canti e favole, imparati fin da bambine dalle mamme, che a loro volta le avevano imparate dalle nonne. Era una civiltà e una cultura parallela a quella ufficiale, che però tutti possedevano pienamente. Oggi questa civiltà non esiste più, nel calderone del moderno, e i tetti non fumano più, perché sotto ai tasselli morti non c’è più nessuno, non c’è più vita. Di quella gente, di quella lingua, è rimasto solo il ricordo.

Francesco Guccini, Tralummescuro

Queste parole di Francesco Guccini, esprimono il senso del lavoro di maestri come Fedele Fantuzzi, i quali hanno dedicato una vita a scavare nel nostro appennino, alla ricerca del ricordo di canti tramandati tra generazioni ed evaporati dal tempo e dal cambiare della società.

Il gruppo dei Cantori del Fuso di Lupazzano, assieme alla parrocchia di San Paolo apostolo di Parma, lo scorso sabato 5 ottobre ha organizzato un concerto di musica corale all’interno della chiesa; ospite della serata è stato proprio il maestro Fedele Fantuzzi con il suo coro La Baita di Scandiano.

il coro La Baita di Scandiano

Il coro La Baita ha una storia decennale, così come il suo maestro che lo dirige dal lontano 1973; è, ad oggi, uno dei cori più prestigiosi e rappresentativi della coralità regionale; nonostante la fama, il maestro e i suoi coristi sono sempre disponibili a partecipare ad eventi come quello di sabato sera. Un coro non sempre si esprime allo stesso modo, ma sabato hanno dato prova della reputazione che da oltre cinquant’anni si portano appresso.

La partecipazione del pubblico è stata forse un po’ fredda e vengono in mente le parole di Guccini “Oggi questa civiltà non esiste più, nel calderone del moderno…”; per i Cantori del Fuso e La Baita, tenere vivo il ricordo dei canti del nostro appennino è una vocazione che va oltre il consenso del folto pubblico.

Non stupisce se i canti proposti dal coro La Baita siano stati tutti scelti dalle armonizzazioni di Fedele Fantuzzi: canti che parlano di ragazze col moroso lontano alla guerra (Il Treno di Reggio Emilia), o di altre considerate un po’ svogliate (La Ligera); canti di partigiani e della vicina Maremma; l’unico canto in scaletta non armonizzato da Fantuzzi è stato O Cara Mamma di Giorgio Vacchi, il quale, oltre ad aver studiato al conservatorio di Parma, ed essere stato a sua volta il primo ricercatore ed armonizzatore dei canti dell’appennino, ha arrangiato il secondo album di Francesco Guccini, Due Anni Dopo, uscito nel 1970.

Il libro pubblicato proprio quest’anno da Francesco Guccini, ha la velleità di trasportare il lettore dentro la semplicità e la genuinità della società di montagna che oramai non c’è più, allo stesso modo dei canti corali popolari. Dietro questi maestri, musici e scrittori sembra non esservi un ricambio generazionale, ma è molto probabile che le loro opere continueranno a dare testimonianza per loro.

La Ceseta de Transaqua,
arm. coro Monte Cauriol

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